La paura: nuova virtù obbligatoria e vecchio metodo di governo

[Lettera di Francesco Paolo Vatti, in coda la risposta di Claudio Risé, n.d.r.]

 

Carissimo professore,

è un po’ di tempo che mi gira nella testa un suo commento, secondo il quale la risposta al virus non sarebbe stata gestita secondo la psicologia. E’ un’osservazione molto interessante. Mi pare, infatti, che in una sorta di sforzo prometeico per non restare colpiti, si sia trascurato quello che gli uomini sentono. In particolare, è stato creato e alimentato un allarmismo, forse persino più elevato del pericolo reale (pure non trascurabile, almeno durante la scorsa primavera). Così, non ho visto dati ufficiali, ma non sarei stupito se il numero di suicidi quest’anno fosse più alto del solito. Altri hanno rinunciato alle normali visite periodiche e temo che anche questo abbia portato a più morti del solito.

Temo che l’idea di terrorizzare anziché informare abbia avuto e continui ad avere conseguenze piuttosto serie. Qui mi piacerebbe avere il punto di vista dello psicologo. Facendo lo psicologo da bar, mi verrebbe da dire che questa comunicazione non possa funzionare. Mentre ad aprile tutti conoscevamo almeno una persona in serie difficoltà (ospedalizzata, in terapia intensiva o addirittura morta), oggi tutto questo non succede. I numeri che si sentono ripetere non coincidono con l’esperienza che facciamo (in un certo senso, è come se tutto ciò avvenisse lontano da noi). C’è poi anche la tendenza che vedo nell’uomo a riprendere a vivere appena possibile (paesi e città dell’Appennino, soggetti spesso a terremoti, sono un esempio di quanto sto dicendo; mio padre mi raccontava che la gente andava al cinema anche durante la guerra…). Così, mi pare difficile mantenere precauzioni anche elementari in questa situazione…

Che ne pensa?

Grazie! Cordiali saluti!

Francesco Paolo Vatti

 

Caro Francesco, la straordinaria assenza di qualsiasi attenzione, empatia e considerazione psicologica  è stata  ormai riconosciuta come una caratteristica specifica dell’approccio del governo italiano al Covid 19: un misto di arroganza, indifferenza, e ignoranza, come se la psiche e i suoi fenomeni non giocassero un ruolo decisivo nella salute e nella difesa del corpo da attacchi esterni.

Al di là di questa prima valutazione però,  un altro fattore, rivelatore dell’anima profonda di questo governo, ha avuto fin dall’inizio grande importanza: la scelta depressiva, che è stata chiara fin dall’inizio. Anziché mettere al primo posto la continuazione della vita e la reazione aggressiva al virus (la ricerca delle cure possibili, lo sforzo di aggiornamento delle strutture sanitarie, la ricerca su come rafforzare comunque le difese immunitarie), la risposta è stata solo la chiusura e il rintanamento, anche rispetto al bosco o ai prati dietro casa per chi ce li aveva, ma non poteva metterci piede, se non voleva multe e grane. Qui l’ignoranza medico-sanitaria si è sposata alla tradizione depressiva dei regimi a vocazione repressiva e autoritaria, per i quali il primo obiettivo è indebolire la volontà popolare, per comandare più facilmente (soprattutto quando non si sa cosa fare e non c’è una cultura politica e di governo consolidata).  Leggi il resto dell’articolo

Corpo, polmoni verdi e libertà: oltre i divieti delle autorità!

Caro Claudio, volevo condividere con te e con tutti un’esperienza che sto facendo in questi giorni di “clausura” forzata e solitaria a causa delle fin troppo note vicende che ci coinvolgono. 

A parte le cosiddette “distanze sociali” che servono, tra le altre cose, a produrre un iper vigilanza e un’ansia che ridonda da una persona all’altra (ad esempio, quando si è in coda fuori da un negozio), uno degli aspetti che più mi infastidisce e mi preoccupa è il fatto che sto perdendo la fiducia nel mio corpo. Non ho mai avuto un corpo super efficiente o particolarmente atletico, ma del mio corpo mi sono sempre fidato: basti dire che ho fatto 12 volte il Cammino di Santiago, 11 a piedi ed 1 in bicicletta. Non ho mai avuto particolari malattie, a 55 anni non sono mai stato in ospedale … eppure di questi tempi mi misuro la febbre tutti i giorni (come un orologio svizzero: 36,5; 36,4; 36,6 ecc.), mi sembra di avere cento piccoli sintomi, mi riguardo eccessivamente (non esco, non faccio ginnastica; salvo poi dover fare 3 ore di coda sotto il sole per entrare al supermercato e non succede nulla…). 

Penso che l’anima mi stia dando alcuni segnali:  immagini del Cammino di Santiago, luoghi, paesaggi, incontri passati e dimenticati, desiderio di viaggi … sfoglio guide e testi sul cammino fantasticando. Come se qualcuno mi dicesse: fidati, muoviti, riprendi ad allenarti, respira … Interpreto nel modo giusto? Succede solo a me ? 

Don Giorgio

 

Caro Don Giorgio, anch’io penso proprio che la tua anima ti stia spingendo a riprenderti il tuo corpo! Senza di quello, infatti, l’anima è perduta (come il corpo senza l’anima).

Uno degli aspetti peggiori di tutta questa tremenda vicenda è infatti stato  proprio il tentativo di scindere questi due aspetti fondamentali dell’umano: l’anima dal corpo. Mettendo entrambi in gravi difficoltà. Se tu ci pensi, anche il divieto della Messa va nella stessa direzione: quella che pensa che il corpo debba solo autoconservarsi e non ammalarsi, chiuso in casa e senza contatti personali (non virtuali) di nessun tipo. Se mi permetti l’invasione di campo, direi che una visione così crudamente materialistica (appunto: disanimata) del corpo è davvero diabolica. (Nella demonologia iranica – dello zoroastrismo, è quella che corrisponde ad Ahriman, il demone “intellettuale” che vuole la fine di tutto ciò che è vivente, dell’anima e dei sensi). 

Per mio conto, posso solo confermare la tua interpretazione dei messaggi dell’anima-corpo e esortarti a seguirli. Ti confermo anche che sì, moltissimi hanno provato questo senso di violenza di fronte alle modalità adottate nel lock-in. Che hanno avuto aspetti assurdi, come il terrorismo  verso l’aria aperta, il movimento, il frequentare gli ambienti naturali. Leggi il resto dell’articolo

La scoperta di sé. I sentieri dell’individuazione

Il nuovo libro di Claudio Risé

La scoperta di sé
I sentieri dell’individuazione

Edizioni San Paolo, Aprile 2018

In questo libro si parla delle energie che l’essere umano può trovare dentro di sé, da sempre, per uscire dalle difficoltà, crescere e affrontarle. E dei diversi modi che nel corso dei secoli sono stati riconosciuti e messi a punto per farlo, scoprendo le risorse della propria personalità e sviluppandole in un’esistenza il più possibile felice e realizzata.
Un’impresa iniziata in Occidente più di 2500 anni fa, non da psicologi (che ancora non esistevano come tali), ma da filosofi, matematici, scienziati. I quali videro tutti, fin dall’inizio, che il benessere e lo sviluppo fisico, psichico e spirituale dell’uomo comincia dentro di sé, nel graduale riconoscimento delle proprie personali forze, energie e vocazioni. È dal riconoscersi, trovarsi e diventare chi a livello profondo già siamo che nasce la realizzazione personale, nostra e di chi ci sta intorno.
In questo libro si parla di questo percorso, che dal secolo scorso, per iniziativa soprattutto dello psicologo analista Carl Gustav Jung, è stato chiamato “processo di individuazione”. Ad animarlo, figure e immagini che prima ancora della psicologia appartengono al teatro, ai riti religiosi, alle arti, alle narrazioni mitiche o romanzesche dell’umanità. Compaiono così i temi della maschera-Persona che mostriamo agli altri, dell’Io che conduce l’intero processo, dell’Ombra in cui ricacciamo gli aspetti più inquietanti, dell’Anima che sostituisce il potere con la grazia, del Sé che ispira e conclude l’intero sviluppo.

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Claudio Risé: «La terra desolata della modernità»

(Da Attuali e inattuali. Il Blog di Andrea Scarabelli, 29/12/2017, blog.ilgiornale.it/scarabelli)

È appena uscito per Lindau un singolare libretto, firmato da Francesco Borgonovo e Claudio Risé. Vita selvatica è allo stesso tempo un dialogo tra due generazioni e una ricognizione sul nostro qui e ora, che si muove agilmente tra storia e archetipi, presente e passato, libertà e necessità, uomo e natura. Un manualetto da tenere sempre in tasca per guardare al nostro tempo in un modo autenticamente alternativo. Ne abbiamo parlato direttamente con Claudio Risé, psicoterapeuta e autore di una serie di studi che, percorrendo strade diverse, giungono tutti al cuore del problema: l’uomo moderno, nelle sue luci e nelle sue ombre. Il libro appena pubblicato non fa eccezione: il sottotitolo di Vita selvatica è, infatti, Manuale di sopravvivenza alla modernità. Un tempo in profonda crisi che viene interrogato in maniera serrata, utilizzando come chiave di lettura The Waste Land di T. S. Eliot, perfetta metafora della contemporaneità, che ci parla di una terra ridotta al silenzio e violentata dall’uomo, sottratta alle Muse e consegnata alla tecnica… Cosa ci dice questa potente immagine?

La terra desolata parla sostanzialmente della desacralizzazione. La terra è desolata perché non è più sacra. È una terra in qualche modo contaminata, offesa e disprezzata. Naturalmente – come tutti i momenti importanti della storia umana – è una situazione ricorrente. Non accade oggi per la prima volta: è un archetipo che ritorna. E noi siamo immersi in questo archetipo dominante – dominante per lo meno da Cartesio in poi, con l’idea filosofica di una res extensa contrapposta a una res cogitans. La terra e il corpo, secondo Descartes, non hanno un pensiero, sono soltanto oggetti. Ma ciò equivale a strappare la terra alla sua origine e alla sua destinazione – che sono entrambe divine – mutilandola della sua sacralità, istituendone così la desolazione. E poiché la desolazione è appunto una violazione, un impoverimento, noi ci troviamo in una crescente infelicità.

È un aspetto importante, che dà luogo a molti cambiamenti, alla fuoriuscita da un certo stato, con la conseguente liberazione dell’aspetto sinistro dell’archetipo. E gli archetipi non sono storielle, ma forze, rappresentate da immagini psichiche attive nell’inconscio collettivo, che acquistano potere sulle persone e le civiltà quando queste entrano nella situazione descritta dagli archetipi, ognuno dei quali è rappresentativo di una precisa condizione umana.  Leggi il resto dell’articolo

Il nuovo libro di Claudio Risé e altre questioni

(Di Armando Ermini, da “Il Covile”, Settembre 2017, www.ilcovile.it)

Nel libro-intervista col giornalista de La Verità, Francesco Borgonovo, l’analista junghiano e sociologo Claudio Risé ripercorre e sistematizza tutte le tematiche che tratta da oltre vent’anni, ossia dalla prima apparizione de Il Maschio selvatico, del 1994, poi seguita da numerosi altri lavori fra cui Il maschio selvatico 2. Lo fa da terapeuta, nel senso di prestare particolare attenzione agli aspetti archetipici dei fenomeni ed alle conseguenze concrete sulle persone, ma di conseguenza anche sulla società, delle scelte che hanno contrassegnato la parabola della civiltà occidentale.

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“Se perdi la strada del bosco ti ammali…”  e come guarire dalle malattie di oggi

Recensione di Antonello Vanni www.antonello-vanni.it

In un libro appena uscito, che ho sfogliato ieri in una libreria, ho trovato questa frase: “se perdi la strada del bosco ti ammali, anche psichicamente”. Visto che ultimamente le cose non vanno tanto bene, l’ho acquistato per capire meglio la situazione di malessere in cui mi trovo e anche per trovare una soluzione ai miei problemi dato che il libro si propone anche come “manuale di sopravvivenza”.
Si tratta dell’opera Vita selvatica. Manuale di sopravvivenza alla modernità di Claudio Risé e Francesco Borgonovo (Lindau Ed., 2017), un libro-dialogo tra uno psicanalista e un giornalista che discutono sulle problematiche individuali e sociali del mondo in cui viviamo.
Secondo Risé e Borgonovo, i disagi che ci affliggono in questa società consumistica e tecnologica sono diversi, e molti di essi li riconosco subito tra quelli che mi fanno stare male: crisi del desiderio, perdita di energie, mancanza di spinta vitale, depressione, incapacità di contenere le pulsioni in vista di un progetto più importante e ampio, di una visione e ricerca per la nostra vita, riduzione della vita a coazione al consumo, narcisismo, infertilità sia simbolica che concreta… Di fronte a questo scenario, che appunto in parte mi riguarda, mi sento spaventato ma a un certo punto della lettura anche contento: per sopravvivere al deserto psicologico e affettivo in cui viviamo gli autori propongono infatti un rimedio: la “vita selvatica” che ci indica di “passare al bosco” per stare meglio, ritrovare le nostre energie, la nostra capacità creativa e il desiderio di vivere pienamente la nostra vita.
Quali sono i percorsi di questa “vita selvatica” che ci aiuta a salvarci? Secondo gli autori sono diversi, ognuno di noi può leggere questo libro e trovare il rimedio per ciò che lo affligge personalmente. Io me ne sono appuntati alcuni (ma nell’opera ce ne sono molti di più), che qui sotto condivido, e che vorrei approfondire nella mia vita personale.  Leggi il resto dell’articolo

Guido Venturini: “è l’albero che ha scelto me”

(Intervista dei Maschi Selvatici all’artista della Mostra “L’asse del mondo”, Faenza, 1-18 settembre 2017, da www.maschiselvatici.it)

Maschi Selvatici: Noi maschi selvatici siamo molto interessati alla relazione con la natura. Che cosa ti ha portato a raffigurarla nelle tue opere, che cosa cerchi e trovi nella natura?

Guido Venturini: Nella natura si ritrova se stessi. Noi siamo natura. Gli stessi segni che la mano traccia sulla tela sono segni naturali, ben diversi da quelli meccanici del computer o di altre macchine. Sono segni che hanno un rapporto con il corpo, con il respiro. Riflettono lo stato di forma dell’artista, e anche, inesorabilmente, la vicinanza alla natura dell’artista nel momento in cui lavora. È stato particolarmente lungo il percorso che mi ha portato dal lavoro precedente sul Cristo a questi alberi, mi sono avvicinato ai paesaggi, andando a disegnare tra le montagne o in altri luoghi naturali, per poi arrivare alla semplicità dell’albero, così vicina in fondo al legno della croce, l’albero della vita.

M.S.: Perché hai scelto proprio gli alberi come motivo della tua ispirazione?

G.V.: Forse è l’albero che ha scelto me. Forse le mie mani avevano digerito altri alberi e forme naturali, ed hanno cominciato da sole a dar vita a rami e foglie, tronchi e terra. Senza che io potessi opporre altre forme altrettanto plausibili, altrettanto naturalmente nascenti da un mio fare non troppo mediato dal pensiero. Come una danza improvvisata. Mi sono trovato tra gli alberi. E ancora ci sono in mezzo.

M.S.: Tu hai rappresentato in passato soggetti sacri, ad esempio il Cristo crocefisso (nel tuo trittico “Oggi sarai con me in paradiso” ospitato anche presso il Museo Diocesano di Milano). Soggetti piuttosto insoliti, coraggiosi, in un’epoca che fa volentieri a meno della relazione con il trascendente. Credi che anche la relazione, e quindi l’osservazione, della natura possa permetterci di ri-stabilire un dialogo con questa dimensione di cui l’uomo ha tanto bisogno? Leggi il resto dell’articolo

Privazione e resurrezione: chi non muore nemmeno vive

(Di Riccardo Paradisi, da “Tempi”, 20 luglio 2017, www.tempi.it)

Secondo Risé il destino dell’Occidente non è il trionfo della tecnica. “Noi siamo natura, solo il Selvatico si salva”.

Vita selvatica. Un libro-dialogo tra Claudio Risé e Francesco Borgonovo, esce in sincronia con l’estate, stagione evocatrice di “quelle forze profonde che spingono a un cambiamento positivo e vitale”, come le definisce Risé, dichiarando così l’intento di questo “manuale per la sopravvivenza alla modernità”.

Un discorso, quello di Risé, che muove dalla constatazione di aggirarci ancora nella terra desolata raccontata un secolo fa da Eliot. Desolata non solo sub specie ecologica ma nel senso più profondo e originario dell’esser tagliata via dalla partecipazione all’acqua di vita elargita dalla sofianica anima del mondo e dallo spirito.

A essere particolarmente investiti dall’archetipo della terra desolata, dice Risé in questo colloquio con Tempi, sono soprattutto i giovani.

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L’attacco alle differenze sessuali nasconde il sogno dell’uomo in serie

(Di Claudio Risé e Francesco Borgonovo, da “La Verità”, 29 giugno 2017)

E’ uscito “Vita selvatica“, il nuovo libro di Claudio Risé e Francesco Borgonovo edito da Lindau. Un colloquio sui mali della modernità e sulle nuove ideologie che stanno piegando l’Occidente

La riduzione di padre e madre, archetipi fondativi del maschile e del femminile, a due numeri o lettere dell’alfabeto, realizzata nella legge francese Taubira sul matrimonio omosessuale, illustra più di ogni discorso l’intenzionalità neutralizzante perseguita dai legislatori della modernità occidentale verso le forze storiche e simboliche dei due generi e la loro collaborazione nell’istituto famigliare. L’abolizione di padre e madre è diretta a trasformare la famiglia da cellula vivente della società in categoria burocratica di classificazione degli individui.

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Nell’era del Narciso la salvezza viene dalla famiglia

(Di Claudio Risé e Francesco Borgonovo, da “La Provincia”, 29 giugno 2017)

Nel saggio “Vita selvatica” lo psicanalista Claudio Risé ed il giornalista Francesco Borgonovo cercano antidoti ai veleni della modernità

Francesco Borgonovo: Da una parte il narcisismo aiuta, dall’altra fa disastri…
Claudio Risé: Francamente, dopo la primissima infanzia, fa soprattutto disastri. Anche qui, questo non accettare il tempo che passa, impegnativa categoria del maschile, è senz’altro devastante.

FB: Tu sostieni che questa cultura del narcisismo attacca ed indebolisce la famiglia.
CR: Sì, perché il narcisista vede solo se stesso. La famiglia è invece il luogo di formazione dei legami affettivi e delle relazioni: la madre, il padre, i fratelli, gli altri. Nella famiglia vengo accolto e scopro me stesso e gli altri. In questa attività di relazione e scambio si forma l’Io e la sua relazione col mondo. Tutto ciò si realizza attraverso doni. La capacità donativa, che prende forma nello scambio familiare, ha un forte costo per l’ego individuale perché contrasta l’edonismo individualistico della società dell’immagine e dei consumi, ma è molto nutriente per gli aspetti più profondamente produttivi della società.

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Vita selvatica. Manuale di sopravvivenza alla modernità – L’Indice del libro

Indice del libro “Vita selvatica. Manuale di sopravvivenza alla modernità” di Francesco Borgonovo e Claudio Risé, Lindau Edizioni

7 Introduzione, di Francesco Borgonovo

17 L’archetipo della «Terra desolata»
18 La vita e la morte nelle primavere
19 Sviluppo e distruzione
19 Gli Archetipi, l’unione degli opposti, e la necessità della distinzione
20 La ferita fallica del Re del Graal
21 L’inaridimento della terra del Re ferito
22 La folla di morti sul London Bridge
23 Il presente / futuro. Il Marinaio Fenicio
24 Il naufragio della civiltà di profitto/perdita
25 Lo stupro dell’anima occidentale
26 L’Eros come consumo e la depressione
27 L’era della sterilità
30 La sterilità e la ferita: istruzioni per l’uso
30 L’azione, e il suo scopo
31 Rifiutare la posizione giudiziaria
32 Rifiutare la posizione estetizzante e/o sentimentale
33 L’allontanamento dalla natura e la crisi dell’istinto riproduttivo
35 L’uomo della civilizzazione e l’angoscia
37 L’acqua della vita e la rinascita
38 Decapitazione del padre e secolarizzazione
40 L’acqua della dissoluzione
40 Padre, confine, limite: nascita o dissoluzione dell’Io
42 Liquefazione delle forme e necessità del limite/confine
44 L’indispensabile mondo organico
45 L’uomo tra istinto e intelligenza
47 Il reality show del totalitarismo capitalista
51 Eros è ammalato
52 Parsifal e la coppa del Graal  Leggi il resto dell’articolo

Noi soffocati tra pulsione al consumo e dittatura dei software

(Di Cesare Cavalleri, da “Avvenire”, 28 giugno 2017, www.avvenire.it)

Un’argomentazione centrale nell’illuminante dialogo tra lo psicologo junghiano Claudio Risé e il giornalista Francesco Borgonovo, intitolato Vita selvatica. Manuale di sopravvivenza alla modernità (Lindau, Torino 2017, pp. 160, euro 14,50) è a pagina 63, dove, in consonanza con gli studi di Slavoj Žižek, viene osservato che il capitalismo e la globalizzazione non sono più fondati sulla contrapposizione freudiana fra Io (il mondo della coscienza), Es (il mondo delle pulsioni) e Super-Io (il dover essere): «La società dei consumi ha per la prima volta creato un mondo in cui il Super-Io è alleato con l’Es. Pertanto, cedere alla pulsione è diventato un dovere, perché il consumo, non solo di prodotti fabbricati ma anche di comportamenti (sessualità, pornografia, stili di vita ecc.) è il motore principale dello sviluppo economico». Ciò «azzera le possibilità di crescita dell’Io, perché l’individuo non deve rinunciare a nulla, diventando così schiavo delle spinte pulsionali, variamente sollecitate».
Ottima diagnosi. In Occidente viviamo nella società del “passaggio all’atto” (acting out), della coazione alla soddisfazione immediata. In questo modo, scaricandola, «l’energia non viene mai trattenuta e trasformata, ma direttamente scaricata e persa». Peraltro, in psichiatria, il continuo ricorso all’acting out, cioè l’incapacità di contenere la pulsione, è considerato sintomo di psicosi.  Leggi il resto dell’articolo

Sterile nell’anima e nel corpo. L’Europa è una terra desolata

(Di Claudio Risé, da “Il Giornale”, 29 giugno 2017, www.ilgiornale.it)

Il poeta Eliot profetizzò le malattie dell’inconscio dovute al materialismo. Guarire si può: con una «Vita selvatica»

E’ uscito il nuovo libro di Claudio Risé con Francesco Borgonovo, Vita selvatica. Manuale di sopravvivenza alla modernità. Quello che segue è un estratto rielaborato dall’Autore. Per maggiori informazioni visita il sito dell’Editore Lindau – clicca qui.

La più efficace rappresentazione della modernità occidentale: questo è La terra desolata di Eliot per Ezra Pound. Non si tratta infatti solo di un’opera poetica. I suoi versi hanno anche un contenuto profetico; non soltanto perché descrivono i morti sul London Bridge 96 anni prima dell’attacco di venti giorni fa.
Questi morti Eliot li vede camminare sul ponte con «gli occhi fissi ai piedi». Il loro sguardo (come il nostro oggi), vola basso. In un tempo ormai di post secolarizzazione, dove tutto il mondo torna a guardare verso l’alto, l’Occidente non sa più riconoscere di essere figlio di Dio e prendersi la propria quota di divinità. Così mentre ovunque Dio è forza, visione, obiettivi, noi lo viviamo come un peso da nascondere. Mentre per gli altri è energia (distruttiva se non governata), l’Occidente, come intuì James Hillman, ha trasformato Dio in malattia. La nostra visione è attirata dal basso, dove vanno gran parte delle nostre energie.
La terra desolata, però, non riguarda solo noi oggi. È un archetipo dell’inconscio collettivo, un’immagine da sempre presente nella psiche e storia umana, che si attiva in tempi di forte cambiamento. Attraverso di essa l’inconscio collettivo spinge l’uomo a ritrovare una forza vitale perduta, a guarire malattie che corrodono la sua anima, il suo corpo e la sua vita quotidiana. Era già presente, come racconta Eliot, nell’Europa del 1200, cui si riferiscono le leggende e i miti Arturiani. Epoca di ricerca, cambiamento e fondazione di quella che fu poi per cinquecento anni la civiltà occidentale, coinvolgendo nei suoi sviluppi gran parte del mondo. Leggi il resto dell’articolo

Vita selvatica. Manuale di sopravvivenza alla modernità

E’ uscito il nuovo libro firmato da Claudio Risé e Francesco Borgonovo

Vita selvatica. Manuale di sopravvivenza alla modernità

Edizioni Lindau

Siamo nel pieno di una crisi economica, politica, morale e ambientale che pare inarrestabile. L’Occidente sembra destinato a impoverirsi e a diventare trascurabile, mentre i Paesi dell’Est e del Sud del mondo continueranno a crescere. In Europa si fanno sempre meno figli, e aumentano le malattie non comunicabili e le cosiddette «malattie del benessere». Assieme alla nostra umanità, stiamo perdendo ciò che ci caratterizza e ci rende speciali: la nostra cultura, il nostro spirito, il contatto con la natura.
Viviamo secondo quello che Eliot ha definito il principio del profitto e della perdita, governati dalle sole logiche dell’economia.
In un vivace scambio di spunti e di riflessioni, Francesco Borgonovo, giovane e brillante giornalista, e Claudio Risé, noto psicologo-analista junghiano, ci forniscono gli strumenti per comprendere i mali della contemporaneità. Muovendo dalla psicoanalisi, dalla sociologia e dalla filosofia, ma anche dal pensiero di poeti e intellettuali come Ezra Pound, Thomas Stearns Eliot e Henry David Thoreau, delineano la fisionomia di una civiltà decaduta e ci mostrano, al contempo, la via per un possibile riscatto. Se è vero che nuvole fosche hanno coperto l’orizzonte, non tutto è perduto. Possiamo ancora cambiare il corso di molte cose, e tornare, infine, «a riveder le stelle».

Per maggiori informazioni ed acquistare il libro visita la pagina dell’Editore – clicca qui.

Il disagio gay non si risolve coi processi agli psicologi

(Di Claudio Risé, da “La nuova Bussola Quotidiana”, 13 maggio 2017, www.lanuovabq.it)

Sul caso dello psicologo Giancarlo Ricci, finito sotto accusa dell’ordine per aver detto che madre e padre sono due condizioni indispensabili per la crescita di un bambino interviene nel dibattitto Claudio Risé.

Purtroppo c’è un procedimento disciplinare in corso, e per rispetto al collega e amico Gianfranco Ricci e ai responsabili dell’Ordine che lo conducono, non intendo sovrapporre valutazioni personali.
Colpisce però che alcuni psicologi abbiano preferito affrontare un tema importante e delicato come i disagi legati agli orientamenti sessuali, a colpi di denunce e procedimenti disciplinari, anzichè svilupparlo attraverso ampie, attente, informate e plurali occasioni di incontro, formazione, dibattito. Dal punto di vista psicologico (che non è certo quello politico, o giudiziario), su questioni così importanti e attuali il confronto, l’ascolto della posizione dell’altro, il lasciar lavorare dentro di sé le esperienze diverse, l’apertura agli altri sono indispensabili alla crescita personale, professionale, e scientifica.  Leggi il resto dell’articolo