Claudio Risé, da “Tempi”, 18 gennaio 2007, www.tempi.it
Non so, naturalmente, se monsignor Wielgus sarebbe stato un buon arcivescovo di Varsavia. Il suo passato tormentato però, le testimonianze delle persone da lui aiutate proprio grazie ai suoi contatti ambigui col regime comunista, e il fatto che sia sopravvissuto, pentito, a questa tremenda discesa agli inferi, mi spinge istintivamente a pensare che sarebbe stato forse miglior pastore di molti preti “specchiati”, di quelli che non si sporcano mai le mani, ma forse anche salvano meno gente, perché il peccatore è sempre un fuorilegge, come anche i preti alla Wielgus. Mi preoccupa, nelle campagne contro i peccati del passato, la richiesta di perfetta innocenza, piuttosto inumana. Nessuno di noi è innocente. Allora però, appare più chiaro il danno delle campagne per condannare i lontani peccati di qualcuno.
Prima di Wielgus, l’ultima vittima, qualche mese fa, di queste campagne “virtuose”, fu il filosofo Jürgen Habermas, accusato con violenza di essere stato nazista da ragazzino, quando era obbligatorio esserlo. Habermas è uno dei maggiori pensatori moderni, l’unico allievo della scuola di Francoforte capace di individuare con equilibrio i punti di forza, e di debolezza, della postmodernità. Un maestro che, da vero maestro, serve volentieri il suo tempo, e non si sottrae, lui laico, a ripetuti e fruttuosi confronti con Joseph Ratzinger, prima Cardinale, e poi Papa. Ecco allora partire il fango. Leggi il resto dell’articolo