(Intervista a Claudio Risé, di Lorenzo Bertocchi, da “La Croce Quotidiano”, 24 marzo 2015, www.lacrocequotidiano.it)
Esce dopo vent’anni il sequel de “Il maschio selvatico”, il fortunato libro di Claudio Risé comparso negli anni ’90. Un aggiornamento, una revisione, un punto della questione, una conferma: l’uomo odierno «ha urgente bisogno di ritrovare il Selvadego che, diceva Leonardo, è “colui che si salva”»
Negli anni ’90 comprai un libro dal titolo straordinario. Era la scoperta che c’era ancora spazio per il maschio selvatico, fuori dai luoghi comuni e dalle “buone maniere”, dentro alla selva della mascolinità più autentica. Liberatorio. Una sensazione simile la provai con il “Braveheart” di Mel Gibson.
E così mi trovai a benedire le serate passate in garage a truccare il motorino, certe “scaramucce” in cortile, e la vecchia colonna sonora di Rocky IV (Ti spiezzo in due).
Costanza Miriano può prendere nota: il ritorno dei “maschi che amano la selva” è la vera soluzione per le donne che vogliono essere sottomesse. Per provare di capire abbiamo fatto qualche domanda a Claudio Risé, psicoterapeuta e psicoanalista, che in questi giorni è uscito in libreria con la versione riveduta e ampliata di quel cult book anni ’90.
Dottor Risé, Maschio selvatico/2. E’ un sequel come al cinema, o c’è altro?
Mi va bene anche l’idea del sequel. Tipo Vent’anni dopo (libro e film) ambientato da Alexandre Dumas vent’anni dopo I Tre moschettieri. Anche il Selvatico/2 viene vent’anni dopo l’altro. Tutti poi sono (tra l’altro) dei libri d’avventura maschili. Vengono utilizzati anche come manuali d’iniziazione alla maschilità, grazie a molte cose politicamente scorrettissime: avventura, lealtà, fede, coraggio, divertimento. Il maschio occidentale ha bisogno di avventure “buone”, che abbiano a che fare con la sua storia profonda e i suoi ideali. Anche per non ridursi a cercare di uscire da cinismo e noia arruolandosi nell’ISIS (nel Selvatico 2 si parla anche di questo), come fanno tanti disperati nel tentativo di liberarsi dal nichilismo post modern.
I moschettieri, già allora accusati di essere fuori moda, rischiano in quei libri di essere fatti fuori in ogni momento, un po’ come capita agli uomini oggi, accettati solo se si travestono da soft men, maschi dolci, pentiti di tutto, al rimorchio di ogni moda e convenzione. Oggi, il maschio occidentale è fisicamente e psicologicamente perduto, se con un guizzo di fantasia non fa come i monaci medievali, ritrovando la strada della selva e del Padre che ha creato la selva e anche l’uomo. Fa fatica a riprodursi, è afflitto (come del resto le sue compagne) dall’impennata delle malattie mentali, passa da zero autostima a momentanee esaltazioni, che poi finiscono negli abissi. Ha urgente bisogno di ritrovare il Selvadego, che, come diceva Leonardo da Vinci “è colui che si salva”. Leggi il resto dell’articolo