I miti che generano depressione

Claudio Risé, da “Il Mattino di Napoli” del lunedì, 12 marzo 2012, www.ilmattino.it

Un europeo su dieci è depresso. Le donne il doppio degli uomini, e i giovani più degli adulti. Lo rivela l’ultimo sondaggio importante svolto in Italia, Francia, Inghilterra, Spagna e Germania, che conferma i dati precedenti. Sappiamo così che non aumenta. Ma cosa succede quando si entra in depressione, e perché accade?
Alcuni aspetti diventano sempre più evidenti: ad esempio i tratti “sociali” della depressione, i suoi legami col lavoro, la famiglia, e il modello di sviluppo attuale.
I depressi vengono messi in difficoltà dal carattere “performativo” del nostro modello sociale che richiede in continuazione di “funzionare” bene nei diversi campi, dal lavoro alla sessualità.
Ridurre la persona a produttore (di denaro, successo, piacere), suscita in molti l’ansia di “misurare” direttamente quanto siano adeguati alle richieste degli altri e del collettivo. A questo punto, se non si è sostenuti da una forte autostima, e da molta concretezza e umiltà, è facile deprimersi.
Il modello della “persona di successo” è, infatti, per definizione, ideale e irraggiungibile, come dimostrano le stesse biografie delle star, che rivelano in continuazione improvvisi squarci di infelicità, disordine, o vere e proprie malattie.
La bellezza, l’essere attraenti, è una dote di partenza, non è completamente costruibile con la chirurgia o altri artifici: dà più sicurezza apprezzarsi per come si è che inseguire una perfezione inesistente.
L’altro grande Idolo del nostro modello culturale poi, il potere, richiede a sua volta (per solito) grandi durezze e sacrifici per ottenerlo, (magari sul piano della coerenza, gusti, o moralità personali), e prima o poi va necessariamente lasciato, o comunque viene tolto.
Adeguarsi a queste richieste collettive: performance elevate, bellezza, potere, suscita dunque di per sé prima ansia, e poi depressione. Si diventa come bambini piccoli e esageratamente prepotenti, che su una giostra vogliano raggiungere il cavallo di legno che c’è davanti invece di godersi il loro giro. E quando il giro è finito piangono.
Da questo punto di vista la depressione, se attraversata con consapevolezza, può invece essere un importante passaggio formativo e una straordinaria scuola di vita, come ha ricordato nei suoi lavori (tra cui l’ultimo: Elogio della depressione) Eugenio Borgna, che ha introdotto in Italia la psichiatria fenomenologica.
Certamente non è facile, come del resto buona parte delle esperienze formative dell’esistenza.
Il rifiutare questo “lato difficile” della formazione personale, e il cercare di aggirarlo con tecniche, o con vere e proprie menzogne, come la “vendita del successo” in cui consiste molta pseudo educazione contemporanea, non fa altro che produrre nuove depressioni e altri disagi. Tra questi, è piuttosto interessante l’attuale svalutazione mediatica e culturale dell’importanza nella vita delle persone di un rapporto di coppia stabile.
Del consumismo complessivo e della relativa esaltazione dell’individuo, col suo fascino e potere, fa parte infatti la celebrazione della fine della famiglia-coppia stabile, sostituita da famiglie aperte e variabili, inframmezzate da lunghi periodi di stato “single”. Peccato però che proprio le persone che vivono da sole, single, divorziati, separati o vedovi siano nel gruppo di testa dei depressi (in Europa e nel mondo).
Lo stabile e profondo rapporto d’amore con l’altro, così come la ricca e complessa socialità della famiglia, col suo dialogo tra generazioni e società circostante, sostiene infatti, oggi e da sempre, la formazione e sviluppo della persona. E quindi il suo benessere.

2 Responses to I miti che generano depressione

  1. ago86 says:

    “Il problema originario, allora, è se le cause delle malattie nervose che sono state esposte sono presenti nella vita moderna in misura così elevata da spiegare il marcato aumento di quella forma di malattia.”“…il continuo progresso di contro alla competizione crescente, queste cose sono state solamente raggiunte e possono solamente conservarsi con un grande sforzo mentale. Le domande fatte all’efficienza dell’individuo nella lotta per l’esistenza sono aumentate grandemente e solo sfruttando tutte le sue risorse mentali potrà soddisfarle.“ William Heinrich Erb, citato peraltro da Freud. Peccato che alla fine abbia vinto l'”analisi” freudiana.

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  2. Davide says:

    Come bambini sulla giostra che vogliono salire sul cavallino davanti!! Splendido!
    E mi fa anche ridere un sacco. Comico perché drammatico, tragico.
    Distanziarsi da tutto, per cercare la propria strada, è compito arduo e impopolare.

    Per questo le giostre sono piene e i biglietti sempre più cari. Come dire sempre più sforzi, chirurgie plastiche, nefandezze varie. Per salire sul cavallino di legno. Uau, buon divertimento.

    Io vado al fiume. Di solito, come oggi, si beve un bicchiere di rosso e c’è il vecchio Italo. Racconta di quando era giovane e giocava con le bestie. Di quando montava a cavallo -quello vero- per andare con le ragazze dai capelli ricci, a fare il bagno.
    C’è posto siete tutti invitati.

    Davide

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