Donarsi è la sola strada per la felicità

felicità(Di Antonio Gaspari, da “Zenit. Il mondo visto da Roma”, 17 gennaio 2015, www.zenit.org)

Secondo Claudio Risé, noto terapeuta e docente di Scienze sociali, l’essere umano è naturalmente vocato alla cultura del dono

“Donarsi è la sola strada per trovare la felicità, fuori e dentro di noi”, perché la cultura del dono è “l’unica cura per il narcisismo che ci fa ammalare”. Ne è convinto Claudio Risé, noto psicanalista, già docente di Scienze sociali, autore di un notevole numero di libri di successo, l’ultimo dei quali si intitola appunto: “Felicità è donarsi. Contro la cultura del narcisismo”, pubblicato dalle Edizioni San Paolo.
“Nel mio lavoro di terapeuta ho visto con precisione un fenomeno: l’egoismo fa male”, afferma Risé nella sua opera, già edita nel 2004 con Sperling & Kupfer. “Tutto questo vivere ‘per sé’ e mai con e soprattutto per gli altri, fa ammalare”. Perché – sostiene l’autore – la parte costitutiva degli umani è proprio quella di donarsi: “A partire dalla sua biologia, e con la sua psiche, l’uomo e la donna sono fatti per donarsi perché la vita continui e tutti ne godano. Anche il sapere viene accumulato per poter poi essere trasmesso e donato”.

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Nel dono la chiave della felicità

felicità (Di Cesare Cavalleri, da “Avvenire”, 16 luglio 2014, www.avvenire.it)

Claudio Risé, psicanalista di fama internazionale, ripropone, aggiornato, un suo lavoro del 2004, Felicità è donarsi. Contro la cultura del narcisismo (San Paolo, pagine 144, euro 14,00), interessante sotto diverse angolazioni. Anzitutto per il metodo espositivo. Gli psicanalisti, per correttezza etica, non dovrebbero rendere pubbliche le confidenze che ricevono dai clienti: alcuni le riportano con la protezione dell’anonimato, ma c’è sempre chi potrebbe ugualmente riconoscersi o riconoscere qualcun altro, rischio che Risé non intende correre.
C’è però un cliente di Risé che è ben felice di mettere a disposizione le proprie esperienze, e quel cliente è Risé stesso. Il libro, dunque, è scritto in prima persona, e l’autobiografia dà risalto letterario alla spigliata narrazione scientifica.
Quando, dunque, Risé ha scoperto che la felicità è donarsi? Molto presto, in piena adolescenza.
Quindicenne, progettò un’esplorazione solitaria della Sardegna, all’insaputa dei genitori. A Civitavecchia si imbarcò su un rimorchiatore, guardato con diffidenza dall’equipaggio. Ma un giovane mozzo, intuendo che il coetaneo era digiuno, gli si avvicinò porgendogli due mele. «Feci per frugarmi in tasca – ricorda Risé – alla ricerca di spicci. Mi fulminò con gli occhi scuri. “Che fai? – disse –. Sono per te. Da me”».
Il cerchio di solitudine egocentrica in cui il giovane borghese di Milano non sapeva di essere rinchiuso, si era spezzato. «Quel: “Per te. Da me” fondava un “essere con””. Per un secondo, ma anche per tutto il viaggio, e forse, in un qualche modo, per tutta la vita, eravamo insieme. Esseri umani. Che si scambiavano doni. Si curavano l’uno dell’altro. Insieme, senza starsi addosso. Nessun possesso, nessuno scambio interessato».
Il significato profondo di quell’episodio innerva tutta la trattazione, come la vita dell’autore che ha scoperto il dono del maestro quando studiava a Ginevra con il grande Jean Meynaud, e il coraggio degli sconfitti frequentando gli esuli algerini negli anni caldi raccontati da Camus.
Ma la fonte del dono è il sacro, inteso come «qualcosa che va al di là di noi e del mondo delle cose, e nei confronti del quale noi possiamo assumere soltanto una posizione di devozione (non esente da timore)». È la sacralità della vita e, ancor più del contatto con il divino, che Risé intuì al liceo Berchet di Milano, attraverso un professore di religione che si chiamava don Luigi Giussani.
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Felicità è donarsi. Contro la cultura del narcisismo

felicitàE’ in distribuzione la nuova edizione ampliata del libro di Claudio Risé, Felicità è donarsi. Contro la cultura del narcisismo, Edizioni San Paolo, 2014

Donarsi è la sola strada per trovare
la felicità, fuori e dentro di noi.
Una cura per il narcisismo che ci circonda.

La cultura del narcisismo confonde il nostro povero ombelico (non a caso sempre più esibito dalla moda) con la cornucopia, la mitica coppa dell’abbondanza. Non è così: possiamo guardarcelo e riguardarcelo, ma non ne uscirà mai nulla, e tanto meno oro, e magici profumi.
La felicità sta da tutt’altra parte.
Per lasciarla avvicinare, dobbiamo fare esattamente il contrario: alzare lo sguardo al di sopra del nostro supercelebrato ombelico, e poi ancora più su. Dopo, una volta incontrato con lo sguardo l’altro, e dietro di lui l’intero mondo vivente, finalmente possiamo, e dobbiamo, fare il gesto: tendere la mano, offrire, offrirci. Donare e donarci.
È allora, e soltanto allora, che tutto può cambiare. Che la vita, quella vera, la straordinaria vita umana, può cominciare a fluire. Che la mitica cornucopia, la coppa dell’abbondanza e della felicità, può finalmente rovesciarsi su di noi.

Per info vai al sito delle Edizioni San Paolo