La società senza padri vista da Claudio Risé

padre(Di David Taglieri, da “Il Corriere del Sud”, 31 marzo 2015, www.corrieredelsud.it)

Claudio Risé è uno psicoterapeuta milanese di scuola junghiana che negli anni oltre ad essersi segnalato come un convinto sostenitore del non-politicamente corretto, applicando teorie e pratiche della psicanalisi più moderna a formule ispirate al diritto naturale ed al buon senso, si è dimostrato altresì un valido divulgatore dei linguaggi scientifici più ostici riuscendo a trasmettere al grande pubblico i contenuti delle terapie psicanalitiche in modo semplice e asciutto al tempo stesso. Uno dei suoi ultimi studi ha per oggetto la crisi del padre e dell’identità maschile che sono posti oggi sempre più sotto assedio da parte di una legislazione ultra-femminista che ultimamente sta condannando la figura dell’uomo nei suoi molteplici ruoli – sia come padre, che come marito – letteralmente all’insignificanza pubblica, culturale e sociale.
Naturalmente in premessa va chiarito che è indubbiamente vero che in passato, e a volte purtroppo ancora oggi, tanti uomini si sono comportati e si comportano vergognosamente nei confronti di quello che un tempo veniva definito ‘sesso debole’ tuttavia quello che appare con ogni evidenza attualmente soprattutto in Occidente è che l’emergenza reale riguarda la debolezza delle specifiche identità sessuali maschili e femminili, sempre meno percepite nella loro tipicità e largamente offuscate da una crescente volontà generale – almeno a livello di istituzioni e mezzi di comunicazione – tesa a fare dell’indifferenza verso il dato naturale e biologico un valore più che positivo, se non proprio assoluto.
Nei suoi lavori Risé ha inoltre il merito di coniugare il buon senso della fede cattolica, a cui è giunto peraltro in età adulta, con un sano pragmatismo ispirato dai risultati pluridecennali dell’esperienza clinico-terapeutica fin qui accumulata, in aperto contrasto con le interpretazioni dominanti della letteratura di settore come quelle che si rifanno – in un modo o nell’altro – alla figura di Sigmund Freud (1856-1939). E’ quello che ha fatto ripetutamente non solo tramite riviste specialistiche ma anche su quotidiani nazionali come Il Giornale prima e Il Mattino di Napoli poi, oltre che attraverso le sue numerose pubblicazioni uscite in libreria e sul suo sito internet (www.claudio-rise.it).  Leggi il resto dell’articolo

La lotta spirituale dell’Arcangelo Michele e la libertà dell’uomo

St_Michael_Raphael (Di Claudio Risé, da “L’Ordine”, 28 settembre 2014)

La ricorrenza dell’Arcangelo alla fine dell’estate ha una forte valenza psicologica: simboleggia la lotta tutta spirituale nei confronti del drago che è dentro ciascuno di noi e contro la fatica acuita dai primi freddi

Nelle campagne ancora si dice “A San Michele il caldo va in cielo”. È così: nella fase dell’anno in cui stiamo entrando il caldo si indebolisce, poi se ne va. Ma il proverbio (come sempre) non ci dà solo un’informazione metereologica. Parla anche del clima psicologico del “tempo di Michele”, quello che si inaugura con l’equinozio autunnale e segna il passaggio dall’estate all’autunno. Una fase dell’anno che, assieme alle altre tre stagioni, segna una serie di cambiamenti che si manifestano nella natura esterna e nel nostro corpo. Influenzando profondamente, però, la nostra psiche e la nostra anima, e presentandoci sfide e opportunità.
Il tempo di Michele con i suoi cambiamenti psicologici è sintetizzato in un’immagine forte, che occupa un posto importante nella storia dell’arte, nell’immaginario religioso, nel folklore dei vari popoli, e in tante altre manifestazioni umane. Si tratta della rappresentazione dell’Arcangelo Michele che con la sua lancia colpisce un drago (di forme volta a volta diverse) e lo spinge verso il basso. È un’immagine con fortissima forza dinamica, di movimento, che si svolge tutta sull’asse verticale: dall’alto, da dove viene Michele con le sue grandi ali, e spinge verso il basso il dragone, anch’esso alato ma ormai schiacciato sulla terra.

Non solo folklore
Anche qui, non si tratta solo di arte, o di folklore. Le immagini archetipiche presenti nelle culture di interi continenti non appartengono a questa o quella sfera del sapere umano, ma sono espressione dell’ “inconscio collettivo”, che poi si manifesta nel sapere e nelle grandi narrazioni dell’umanità. Michele è presente fin dall’inizio della Bibbia, così come nelle scritture cristiane e in quelle dell’Islam, dove è ritenuto il messaggero della rivelazione da Dio a Maometto.
Qual è, in queste diverse manifestazioni dell’umanità, il carattere e il ruolo di Michele? Qual è dunque la specifica forza che questo tempo a lui dedicato, dove lo si ritiene particolarmente presente, può suscitare negli uomini che a lui si rivolgono? Leggi il resto dell’articolo

L’immagine del “pater” sorgente di libertà

padreRecensione del libro di Claudio Risé “Il padre libertà dono” (Edizioni Ares, 2013), a cura de “Il Foglio”, 29 maggio 2013, www.ilfoglio.it

“Chi è il padre? E’ questa la domanda forse più ansiosamente ripetuta nella letteratura psicologica contemporanea. Ciò fornisce intanto due informazioni. La prima: se continuiamo a chiedercelo è perché molti non sanno più chi sia. La seconda: chiarirci le idee è dunque necessario, anche se non facile”. Psicoanalista di formazione junghiana, Claudio Risé alla domanda dà una risposta che può sembrare ovvia: “Serve un padre, per differenziarsi dalla madre, per accettare le ferite e riconoscerne il senso, ed esprimere il proprio Sé. Entrando così personalmente nel tempo e nella storia”.
In occidente, negli ultimi quarant’anni, l’ovvio ha cessato spesso di essere tale, e la presenza del padre è stata oscurata o cancellata del tutto. Anche l’idea della coppia gay maschile che adotta o si fa fare un figlio con l’utero in affitto comporta la cancellazione del padre, perché la differenza sessuale – come orizzonte e riferimento, all’interno della coppia genitoriale – è azzerata.
Parlamenti e media ancora in gran parte composti e gestiti da uomini hanno indotto questa deriva. “La visione antagonistica del rapporto padre-figlio espressa dal freudismo ha contribuito a far sì che il vasto movimento che ha contestato in occidente negli anni Settanta il potere politico e sociale dell’epoca venisse interpretato come una rivolta contro il padre”. Secondo Risé, “la “rivolta contro il padre” da acuta che era si è poi cronicizzata in un processo di sistematica negazione di contenuti “specifici” della paternità, ridotta a posizione di supporto alla madre, o con essa più o meno intercambiabile. Questo processo, funzionale all’organizzazione del lavoro e al potere delle burocrazie statali nazionali e internazionali (sollevate da un imbarazzante interlocutore), ha poi ugualmente travolto anche ogni contenuto (anche affettivo e riproduttivo) della stessa madre”. Leggi il resto dell’articolo

Né bisbetico né frivolo

padre (Claudio Risé, da “L’Osservatore Romano”, 19 maggio 2013, www.vatican.va)

Indagine sulla complessità della figura genitoriale maschile (dalla Premessa del volume Il padre libertà dono, Edizioni Ares, 2013)

Chi è il padre? È questa la domanda forse più ansiosamente ripetuta nella letteratura psicologica contemporanea. Ciò fornisce intanto due informazioni. La prima: se continuiamo a chiedercelo è perché molti non sanno più chi sia. La seconda: chiarirci le idee è dunque necessario, anche se non facile.
Padre, innanzitutto, è preda dei fantasmi di uomini e donne che l’hanno fatto fuori. Imprigionandolo con rappresentazioni di maniera che corrispondono ormai solo alle loro paure, o nostalgie. Per gli uni è il barbuto bisbetico il cui sguardo rimprovera dal ritratto ormai riposto in qualche cassetto; per gli altri è il frivolo papà vestito all’ultima moda e incapace di «dare norme». La realtà è più complessa, non facile da rappresentare; ma bisogna provarci.
Le opinioni su chi sia il padre già si differenziano tra Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, all’inizio della psicoanalisi. Per Freud il padre era innanzitutto l’antagonista del figlio (simboleggiato nella vicenda mitica di Edipo) nella competizione per il possesso della madre. Sconfiggendolo, rendeva il figlio consapevole della legge e del principio di realtà.
Nell’esperienza terapeutica junghiana invece, il padre, oltre e al di là dell’«Edipo» freudiano, è un’immagine transpersonale che compare con nomi diversi fra gli archetipi dell’inconscio collettivo, centri permanenti di energia psichica. Questa presenza dell’inconscio personale e collettivo va al di là del padre personale, diventa stabile riferimento del sé del bambino, alimenta e ispira esperienze importanti per il suo equilibrio psicologico complessivo (come quelle creative, sociali, religiose). La sua attività sulla psiche umana si rivela in modo esplicito durante e dopo il processo di separazione che conclude la fusione madre-figlio, alla cui riuscita fortemente contribuisce. Leggi il resto dell’articolo

Le radici e il futuro. Il dono del padre: la libertà

padre(Di Alessandro Zaccuri, da “Noi. Genitori e figli”, supplemento ad “Avvenire”, 28 aprile 2013, www.avvenire.it)

Claudio Risé: «Rivendicare l’importanza della figura paterna non è mai stata un’impresa priva di rischi». Nel suo ultimo libro lo psicoanalista sottolinea il compito autentico del genitore: aiutare il figlio a scoprire il percorso di liberazione personale, rendendolo capace di compiere il proprio destino.

Mai sottovalutare i cartoni animati. Prendete Il re leone, per esempio, il classico Disney datato 1994. In una scena rimasta celebre, il cucciolo Simba viene sollevato in alto dalla cima di una rupe. Perché il popolo della savana possa ammirare il futuro monarca, certo. Ma anzitutto per avvicinare il neonato al cielo.
«I riti di innalzamento sono comuni alle culture più diverse – spiega lo psicoanalista Claudio Risé – ed erano consueti anche nell’antica Roma, dove spettava al padre il gesto del tollere liberos. “Sollevare i figli” significava introdurre nella loro vita la dimensione verticale, distaccandoli dalla linea orizzontale, di mera corrispondenza alla terra, in modo da metterli in relazione con il Padre celeste»

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Lo Stato contro il padre, ci vuole tutti malati

padre(Recensione del libro di Claudio Risé, Il padre libertà dono, a cura di Paolo Marcon)

Fuori dal “sociologico recinto d’obbligo”. E’ lì che conduce, sempre, la lettura dei libri di Claudio Risé. Che non mirano direttamente a spiegare, definire minuziosamente, prima di tutto invitano a guardare con rispetto e curiosità alle esperienze di quella vita che origina dal padre e dalla madre, lungo tutto il suo sviluppo.

L’approccio qui adottato è multidisciplinare, non limitato al campo psicoanalitico: Il padre libertà dono (Edizioni Ares) è forse l’opera più radicale – perciò indubbiamente anti-politica –, dell’Autore.

E’ nei pressi di: libertà, salute, schiavitù , “malattia” (quest’ultimo termine, invero, adoperato con molta cautela da Risé, che nella sua riflessione cita anche orientamenti eterodossi, quali l’etnopsichiatria), che si sviluppano le argomentazioni appassionate di questo lavoro. Non si tratta, beninteso, di concetti astratti, bensì di fatti concreti, fenomeni di cui fare (facciamo) esperienza.

Libertà allora – ricorda Risé, non è un’astrazione, è la “sorgente viva dell’essere”, ciò che permette di correre l’avventura della formazione della propria identità. E’ sempre un fatto presente (o assente) in un essere umano, in un singolo essere umano. “Libertà” è un fatto personale, appassionarsi alla libertà è appassionarsi alla propria libertà, appassionarsi a Sé. Alla difesa della propria integrità/salute, dalle aggressioni esterne (mosse dagli “idoli collettivi”) e dalle pulsioni coattive interne (slegate dal principio di realtà, e finalmente dallo stesso principio di piacere), che minano la capacità di ricercare il proprio benessere. In una dimensione dinamica: perché “libertà” non è un “dato”, è un processo, un continuo “percorso di liberazione”. Leggi il resto dell’articolo

Il cinema e l’attualità del senso religioso

Claudio Risé, da “Il Mattino di Napoli” del lunedì, 10 settembre 2012, www.ilmattino.it

Da più di un secolo scienziati e saggi annunciano la scomparsa delle religioni, relitti del passato o “illusioni” (così le definiva Freud, fondatore della psicoanalisi). Intanto però le religioni vecchie e nuove fanno sempre notizia, e interessano molto. Ad esempio alla Mostra del cinema di Venezia un buon numero di film era di argomento e sensibilità più o meno religiosi, e tra essi il vincitore, il coreano Pietà con la sua ripresentazione dello stato attuale della “Pietà” madre-figlio.
Il cinema, comunque, non è l’unica industria ad interessarsi delle religioni. Esempio non irrilevante: anche le compagnie aeree sono pronte a fornire voli per raggiungere i luoghi dove si ritiene avvengano apparizioni o miracoli, come Lourdes o Medjugorje (dove si può effettuare un pellegrinaggio in giornata). Oppure le case editrici, impegnate a mettere in catalogo ogni anno almeno un poliziesco goticheggiante, di ambientazione vaticana, per alzare le tirature.
Insomma la religione è ancora tra noi, anche se in modi diversi dalla predica media dei parroci italiani. La cui qualità scadente è d’altra parte una delle più sicure prove (secondo quanto ebbe a dichiarare l’attuale Papa, Benedetto XVI), della presenza divina nel Cristianesimo, che altrimenti non avrebbe potuto sopravvivervi. Leggi il resto dell’articolo

La tentazione di chiudersi

Claudio Risé, da “Il Mattino di Napoli” del lunedì, 5 marzo 2012, www.ilmattino.it

“Sei venuto a sparare?… Voglio vederti sparare”. Il monologo del militante No Tav sporto sullo scudo del carabiniere silenzioso non è solo provocazione. Più simile invece a quel particolare rovesciare la colpa e il male sull’altro, trasformandolo in nemico (potenzialmente assassino), che sta dietro alle tragedie storiche dell’ultimo secolo, l’ultima delle quali fu la stagione degli anni di piombo. Accade anche in drammi privati, raccontati al terapeuta di solito dopo che sono accaduti.
Gradualmente l’altro diventa un individuo pericoloso, che qualunque cosa dica, o faccia, ti vuole far fuori. Mentre le persone attorno a lui, quelli che condividono la sua posizione sono partecipi del “complotto”.
La prima caratteristica di queste costruzioni immaginarie, personali o collettive che siano, è che alla loro origine non c’è (nella stragrande maggioranza dei casi), nessuna specifica patologia. Sono invece presenti due caratteristiche che, insieme, possono generare problemi: un forte senso critico, e l’insicurezza. Leggi il resto dell’articolo

La neuroplasticità: il movimento è il nostro destino

Guarda Tocca Vivi (Di Claudio Risé, dal libro Guarda, tocca, vivi. Riscoprire i sensi per essere felici, Sperling & Kupfer, 2011)

Il movimento e la conseguente trasformazione sono il nostro destino, e la consapevolezza di questo fatto è ciò che consente alla vita dell’uomo moderno di essere all’altezza del suo tempo.
Solo verso il 1990, mentre esplodeva l’Unione Sovietica e la globalizzazione riceveva una nuova, decisiva spinta, cominciarono a essere prese in considerazione le ricerche neuroscientifiche che dimostravano che il cervello umano non è una struttura definita, che si formerebbe nell’infanzia e sarebbe sostanzialmente compiuto e immutabile entro i 20 anni, bensì un insieme dinamico di circa 100 miliardi di neuroni, ognuno dei quali con migliaia di sinapsi, impegnati in un continuo movimento di formazione, trasformazione, morte e rigenerazione, prodotto fondamentalmente da noi stessi. È, infatti, ciò che noi facciamo e pensiamo, le nostre esperienze e il nostro comportamento, a modellare e costituire il nostro cervello. Leggi il resto dell’articolo